Sacchi sostiene che l’Inter stia ‘imbrogliando’ accumulando debiti per vincere il titolo del 23-24.
Il leggendario ex allenatore Arrigo Sacchi ha avuto parole dure per l’Inter, ritenendo che vincere titoli “contrarre debiti” equivale a “barare”.
Il Nerazzurri è a sole settimane dal garantire matematicamente il loro 20° Scudetto, avendo sembrato superiori ai rivali in Serie A in questa stagione. Dietro il successo sportivo, però, c’è una crescente preoccupazione, poiché si avvicina la scadenza del prestito di Oaktree.
Il presidente dell’Inter Steven Zhang deve restituire il fondo di investimento statunitense oltre 350 milioni di euro entro il 20 maggio, altrimenti rischia di perdere il controllo del club. Le trattative sono in corso per un nuovo accordo che potrebbe prolungare la scadenza del prestito di uno o due anni.
Sacchi ha avuto parole dure per l’Inter parlando a Corriere Adriatico tramite Calciomercato.com, criticando lo stato delle finanze nel calcio italiano moderno.
“La tendenza in Italia è diventare più furbi per raggiungere l’obiettivo, non è giusto. Dobbiamo uscire da questa situazione, altrimenti resteremo sempre in questa crisi. Vincere contrarre debiti significa barare. L’Inter sta barando? Sì.”
L’ex allenatore ha avuto grandi elogi per l’allenatore del Nerazzurri, Simone Inzaghi, anche se le cose sono andate storte contro l’Atletico Madrid in Champions League questa stagione.
“Si è evoluto, è cresciuto molto. Penso che sia sulla strada giusta. Mi dispiace solo per quella partita contro l’Atletico Madrid, dove abbiamo perso in Champions League. Le squadre spagnole devono essere attaccate, a un certo punto hanno schierato sei difensori, consegnandosi agli avversari.”
Infine, Sacchi ha parlato del lavoro del ct italiano Luciano Spalletti e di altri allenatori in Serie A.
“È come me, può fare bene. Mi vedo molto in lui, ma non è l’unico. Apprezzo Sarri, Gasperini, Italiano e Pioli. In Italia oggi si tratta solo di tattica, stiamo solo aspettando l’errore dell’avversario.
“I padri fondatori hanno inventato il calcio come uno sport offensivo e di squadra, in Italia l’abbiamo trasformato in uno individuale e difensivo. Ci troviamo di fronte a un paradosso.
“Il buon allenatore dà un gioco, aiuta i giocatori a migliorare, è un regista aggiunto. Negli anni ’80 avrei potuto allenare l’Ancona, ma mia moglie è stata determinante nel farmi andare a Parma.”